Permanenti istantanee: Internet e la scimmia instancabile

Pubblicato su Medium 16 marzo 2014

Le foto durano molto di più delle persone in esse impresse, non ho mai completamente compreso perché le chiamiamo istantanee.

Ho appena caricato su Flicr tutte le foto di famiglia per paura di perderle come spesso accade nei traslochi, nei passaggi di eredità, in tutti quei momenti in cui la memoria rappresenta più un ingombro che un sollievo.

Le foto di mio padre in divisa da militare nel deserto libico, mi appaiono più vicine in questa fase di crisi della nazione libica e soprattutto dopo che il console libico mi ha detto: io sono vicino agli italiani perché chi mi ha fatto nascere fu una levatrice italiana e mio padre ha combattuto al fianco degli italiani contro gli inglesi.

Un miliardo di foto ogni giorno sono caricate su Internet, ogni settimana tante foto quanto la popolazione mondiale, è questo avviene grazie all’empowerment delle persone, dalla Polaroid in poi, nella capacità di fermare un istante nel tempo senza la partecipazione di un terzo.

E Lei, la Rete, mi ricorda il teorema della scimmia instancabile, il “Lemma di Borel-Cantelli” che Borges inserì nel suo racconto “ La Biblioteca di Babele” del 1941, che invece di battere sui tasti di una macchina da scrivere, batte sullo scatto di miliardi di smartphone, macchine fotografiche, tablet, ecc. ecc..

Ecco Francesco che nasce italiano, fotografato mentre esce dall’utero della mamma, un secondo dopo è in mano al medico giapponese e poi di nuovo fotografato a fare il primo bagnetto in un villaggio africano e dopo 200 milioni di secondi e di foto andare in una scuola per la prima volta di nuovo italiano, ma le maestre sono brasiliane e poi indiane e così via.

La vita media mondiale, secondo il CIA World Factbook , è di 65 anni cioè circa 2,1 miliardi di secondi, quindi ogni due giorni viene fotografata una intera vita di una persona come in una serie infinita : la vita della persona umana trova finalmente un’unità, tutti fanno le stesse cose. Tutti hanno le stesse prime volte, ma in modo eterno e Lei la rete lo dimostra.

Sssshhhiict, Sssshhhiict, Sssshhhiict, i pomeriggi delle domeniche della mia infanzia erano contrappuntati da questo suono, Sssshhhiict, ogni volta che cambiava la diapositiva nel proiettore e mia madre che commentava le immagini proiettate sulla parete di quella che era la stanza da pranzo. Si usava raccontare così le feste e le vacanze agli ospiti e mostrare i momenti migliori e più divertenti e/o felici della famiglia. Ogni famiglia faceva così nel riserbo del circolo delle amicizie, ora invece Lei realizza la profezia di Debord, l’incipit de “ La società dello Spettacolo”: tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacolo, noi consumatori, produttori e merce.

 

Un progetto della globalizzazione semplice

non pubblicato

La complessità è congenita con la vita e con la società, non è una scoperta moderna. Il nostro cervello è formato da 100 miliardi di cellule e da oltre 100.000 miliardi di connessioni. Il nostro genoma, mappato qualche anno fa, è formato da circa tre miliardi di lettere (le basi TCTAGATCAA ecc), come un libretto di istruzioni formato da circa un miliardo di parole pari a 5000 volumi di 300 pagine, da tale libretto nasce l’essere umano

Ma anche un’automobile è formata da circa 100.000 pezzi unici, se li pensiamo distribuiti su un pavimento, abbiamo ancora una volta un esempio di sistema complesso.

Ma come mai allora questo fiorire d’interesse verso la complessità?

La mia opinione è che agli inizi degli anni novanta due eventi, uno tecnologico e l’altro politico portarono il mondo a imboccare la strada verso una “nuova” complessità, in un percorso non lineare, denso di episodi emergenti che sembrarono e sembrano rendere pericoloso il cammino e oscuro il futuro.

Il 20 gennaio 1993 Bill Clinton fu eletto 42° presidente degli Stati Uniti d’America. Insieme a lui fu eletto come vicepresidente Al Gore che il 3 marzo 1993 lanciò il programma National Partnership for Reinventing Government. Tale iniziativa aveva l’obiettivo di far recuperare credibilità all’Amministrazione centrale nei confronti dei cittadini. Il programma prevedeva la completa informatizzazione degli uffici e dei servizi Federali e la contemporanea informatizzazione degli uffici degli Stati, oltre che l’avvio della realizzazione di backbone internet ad alta velocità.

Nello stesso periodo nel giugno del 1993 Tim Berners Lee pubblicò formalmente il linguaggio HTML su cui è basato Internet ed il World Wide Web.

Il Governo federale USA assunse rapidamente la nuova tecnologia che diventò in breve tempo la nuova e prevalente modalità di interazione tra la pubblica amministrazione americana e i cittadini e le imprese. L’investimento economico, tecnologico, formativo e informativo pubblico e privato fu di straordinaria rilevanza e caratterizzò le due presidenze Clinton.

Nacque così in quegli anni la new economy, intesa come la possibilità di concludere transazioni economiche e commerciali attraverso sistemi basati su informatica, più  telecomunicazioni, più microelettronica.

L’introduzione di tali sistemi tecnologici consentì un incremento sostanziale del livello di complessità dei mercati soprattutto quelli finanziari perché la facilità della smaterializzazione della moneta rese possibile:

  • L’ampliamento della dimensione dei mercati
  • La velocizzazione del funzionamento dei mercati

La possibilità che i processi economici e finanziari si potessero quindi svolgere, con certezza, in tutto il mondo connesso, generò una pressione sulle norme che avevano fino ad allora regolato le transazioni, tutto ciò portò al superamento delle barriere doganali per la finanza con la conseguente perdita del controllo da parte dei singoli Stati del sistema finanziario .

E’ mia opinione che l’irruzione della new economy nell’economia occidentale e la conseguente diffusione pervasiva delle tecnologie web fu il momento fondante della globalizzazione.

L’investimento USA, nato per migliorare la pubblica amministrazione, si trasformò in un progetto politico con l’obiettivo di far recuperare agli Stati Uniti la leadership tecnologica e finanziaria. Così nelle università americane si susseguirono scoperte e furono attratti cervelli; brevetti e innovazioni hanno consentito che oggi al mondo siano attivi quasi 7 miliardi di cellulari, quasi sette miliardi di connessioni telefoniche, oltre 2 miliardi di utenti internet. Inoltre quasi 6 miliardi di foto vengono caricate ogni mese su Facebook e 375 miliardi di foto vengono scattate ogni anno a mappare la Terra, infine oltre 10 miliardi di SMS e   294 miliardi di e-mail vengono inviati ogni  giorno.

Google, la più grande azienda web al mondo, dal canto suo ha 500.000 server a cui si connettono oltre un miliardo di utenti al giorno per fare decine di miliardi di ricerche.

Eppure tale complessità  ci appare più come un sistema caotico sfuggito al controllo e di cui non si conoscono le leggi, né il progetto, lo scopo o le finalità, tantomeno si ha il libretto di istruzioni che consenta di assemblare i pezzi di un mondo che sembra un insieme disarticolato e disarmonico di parti cangianti che non ambiscono a stare insieme.

La mia opinione è che abbiamo necessità di trasformare il processo di globalizzazione in un progetto di globalizzazione definendone appunto, lo scopo, le leggi che devono regolarlo e scrivendo in un libretto di istruzioni il modo per tenere insieme tutti i pezzi ora sparsi su un pavimento virtuale.

Il G20 e le diverse aggregazioni locali di Stati nazionali (Unione Europea, Unasur, Eurasia, ecc) sono ancora timidi tentativi tesi a  raggiungere non una riduzione della complessità del mondo, perché ciò non può essere, ma semplicemente una nuova ragione di essere.

La complessità di una Ferrari è incommensurabilmente superiore a quella di una Cinquecento, ma è comprensibile, ha una sua forma definita, perché ha lo scopo di correre a 400 Km orari e vincere la Formula Uno.

 Dobbiamo dare senso ai nuovi avanzati sistemi umani per trasformarli in una Ferrari. Dobbiamo aumentare il numero delle dimensioni con cui guardiamo il mondo.

Questo che ho scritto è qualcosa in meno e qualcosa in più di una teoria, qualcosa in meno perché lo spazio è troppo poco per un’appropriata formalizzazione, qualcosa in più perché è parte del mio lavoro quotidiano perché come Edgar Morin sostiene: "la cultura, ormai, non solo è frammentata in parti staccate, ma anche spezzata in due blocchi": da una parte la cultura umanistica "che affronta la riflessione sui fondamentali problemi umani, stimola la riflessione sul sapere e favorisce l’integrazione personale delle conoscenze", dall’altra, la cultura scientifica che "separa i campi della conoscenza, suscita straordinarie scoperte, geniali teorie, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa".

E ancora

“L’indebolimento di una percezione globale conduce all’indebolimento del senso della responsabilità, poiché ciascuno tende a essere responsabile solo del proprio compito specializzato, così come all’indebolimento della solidarietà, poiché ciascuno percepisce solo il legame con la propria città: "la conoscenza tecnica è riservata agli esperti" e "mentre l’esperto perde la capacità di concepire il globale e il fondamentale, il cittadino perde il diritto alla conoscenza".

Diceva Einstein: Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno che non lo sa e la inventa. Io credo che le prossime generazioni non si dibatteranno come noi nel tentativo di comprendere la complessità della globalizzazione, ma semplicemente la ingloberano.

Dobbiamo preparare leaders per un mondo che evolve, non per uno che semplicemente cambia.

Quantum Computer, Google, gli Universi Paralleli e la coscienza di sé

non pubblicato

“Chi legge le mie parole sta inventandole” , è ultimo verso di una delle più belle poesie di Borges “La Felicità” ed esprime in maniera semplicissima uno dei principi base della fisica quantistica o meccanica quantistica che dir si voglia.

Infatti gli scienziati, nel 19.mo Secolo, cercando le risposte ad alcune incongruenze della fisica classica, le trovarono nella teoria della meccanica quantistica e scoprendo allo stesso tempo s che a livello atomico la realtà oggettiva non esisteva, ma veniva determinata dall’osservazione o dall’osservatore.

Si scopri e verificò sperimentalmente che in ogni istante esistono tutte le realtà possibili, con diverso valore probabilistico di esistere e nell’istante in cui la osserviamo se ne fissa una delle tante. 

Sarebbe come dire: queste parole esistono perché le stai leggendo!

L'interpretazione a Molti Mondi (https://it.wikipedia.org/wiki/Interpretazione_a_molti_mondi), ipotizza che ogni evento della realtà sia un punto di diramazione; cioè la realtà prosegue in diversi rami dell'Universo che sono ugualmente reali, ma che non possono interagire tra loro.

Werner Heisenberg, uno dei padri della meccanica quantistica, il padre del principio di indeterminazione, affermò che la realtà non esiste fino a che non viene osservata.
"L'idea di un mondo reale oggettivo le cui parti più piccole esistono oggettivamente nello stesso senso in cui esistono le pietre o gli alberi, indipendentemente dal fatto che le osserviamo o meno ... è impossibile", ha scritto.

Che significa porta a dire che la nostra coscienza determina la Realtà e cioè che tutte le quantità fisiche, in questo senso, sono relazionali. Ma ciò non significa soggettive: significa semplicemente che sono quantità che corrispondono a due sistemi e non a uno solo.

Questa lunga introduzione per dare un contesto maggiormente comprensibile al Quantum Computer perché nei giorni scorsi il Google Lab ne ha testato uno con 54 Qbit (cubit) il quale avrebbe risolto, in 200 secondi, un calcolo che agli attuali supercomputer avrebbe richiesto 10.000 anni.

Un passo avanti devastante per lo sviluppo tecnologico, ma a mia opinione probabilmente rappresentabile con il vagito di un sistema neurale animale con 54 sinapsi.

Per fare un paragone con la vita animale il Caenorhabditis Elegans, un vermetto di un millimetro, ha 302 neuroni.

Il cervello umano invece ha circa 86 miliardi di neuroni e 130.000 miliardi di sinapsi.

Provo a spiegare come funziona un Quantum Computer, ma prima devo introdurre un altro concetto, il concetto di dimensione.

Le dimensioni per come le impariamo a scuola sono altezza, larghezza e lunghezza, poi Einstein ci ha spiegato che esiste anche un’altra dimensione che è il tempo.

Bene in questo spazio a quattro dimensioni gli scienziati non riescono a trovare tutte le spiegazioni fisiche di come funziona la vita e l’Universo. Ad esempio non si spiega cosa sia la massa di un corpo, la quale non è un caratteristica del corpo, ma piuttosto un suo comportamento. Corpi con masse diverse non hanno caratteristiche diverse, ma piuttosto comportamenti diversi nello spazio-tempo.

Così non trovando soluzioni nello spazio a quattro dimensioni hanno cominciato ad indagare nelle dimensioni superiori.

Coloro che hanno visto il film Interstellar ricorderanno sicuramente la scena del padre, Cooper, che entra in un buco nero e viene condotto in un tesseratto cioè un cubo quadridimensionale di uno spazio a cinque dimensioni, in cui tutti gli istanti di vista della figlia Murph, sono presenti allo stesso tempo e Cooper riesce a raggiungere il passato della figlia e comunicarle la natura dello spazio tempo affinché la stessa potesse controllare la gravità e salvare la vita sulla Terra.

Ora immaginiamo un cubo di Rubick con una dimensione aggiuntiva, tutte le soluzioni (i cubetti colorati) sono presenti allo stesso tempo per chi vive nella dimensione aggiuntiva e quindi non deve calcolarle ma le ha.

Il Quantum Computer di Google con 54 Qbit (di cui però solo 53 hanno funzionato) ha generato 9.700199254740992 quadrilioni di stringhe di bit (2 alla potenza di 53) ed ha estratto le ricorrenze. Ma il problema che ha risolto era molto specifico e quindi si può dire che questo computer quantistico non è un computer universale.Tant’è che non credo che il computer quantistico di Google avrebbe risolto il problema del viaggiatore di commercio (Traveling Salesman Problem TSP) per 24 città.

Il problema consiste nel trovare il percorso più breve che un viaggiatore di commercio può percorrere attraverso un certo numero di città, iniziando e finendo dalla stessa.

Può sembrare semplice con solo poche città, ma il problema diventa esponenzialmente difficile da risolvere con l'aumentare del numero di città, impantanando anche i migliori supercomputer.

Perché un computer calcolerebbe dapprima tutti i percorsi e poi sceglierebbe quello più breve. Per 16 città si trovano 653.837.184.000 di percorsi diversi e 5 giorni di calcoli fatti da una buona workstation quindi estrarre il percorso minimo, mentre l’elaborazione completa dei percorsi per 24 città richiederebbe soltanto 2.076.245 di secoli di elaborazione.

 

Tuttavia, i problemi di ottimizzazione di questo tipo il cervello umano in maniera euristica li risolve quotidianamente nel mondo reale; le soluzioni sono utilizzate per programmare turni, ridurre al minimo i rischi finanziari, scoprire farmaci, pianificare spedizioni di merci, ridurre le interferenze sulle reti wireless, e molto altro.

 

Allora torniamo alla mia definizione cioè che il Quantum Computer di Google è l’equivalente di vagito di un animale con appena 53 sinapsi, contro i 130 mila miliardi di sinapsi del cervello dell’Uomo.

Un grandissimo passo avanti ma prima che una macchina abbia la coscienza di sé dovrà attraversare i 2 elevato 130.000 miliardi di stati che il cervello può assumere e quindi ai multiversi quantistici che può contenere.

 

"...noi siamo l'incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all'autocoscienza. Abbiamo incominciato a comprendere la nostra origine: siamo materia stellare che medita sulle stelle...” Carl Sagan

 

La Rete del 2025

Pubblicato su Il senso di Smilla per la Rete ottobre 2014

La sorveglianza è troppa? Ma non diciamo stupidaggini, è troppo poca! Io voglio che mi venga sorvegliato il cuore, che circolino robottini nel mio sangue, che un tumore venga identificato immediatamente appena nasce la prima cellula tumorale, che quando sono in casa non vengano ad aggredirmi, ecc. ecc.. Chi parla così non è un membro della NSA che vuole giustificare le sue azioni, ma un artista Stelarc, che ha fatto della distruzione della sua privacy il suo principale obiettivo. http://it.wikipedia.org/wiki/Stelarc

Ma ha fatto così anche Hasan M. Elahi http://en.wikipedia.org/wiki/Hasan_M._Elahi che data la sua particolarità di artista giramondo - percorre circa 70.000 miglia ogni anno, quasi tre volte il giro del mondo - per evitare di essere fermato continuamente dai servizi segreti USA, al suo rientro negli States, ha messo su un sito http://www.trackingtransience.net/ con le foto di tutti i luoghi che visita ora per ora ogni giorno fin dal 2002.

Ambedue riportano in Internet la loro vita reale in maniera semiautomatica.

Molto della loro attività migliorerà o sarà facilitata con gli IoT, gli oggetti collegati ad internet che si stanno diffondendo nel nostro uso quotidiano.

Primi furono gli smartphone e gli Ipad, quindi la smartTV , tra un pochino Google Glass e IWatch, che sono sicuramente i più noti dei prossimi oggetti di uso quotidiano che hanno la caratteristica di avere un’intelligenza ed essere collegati alla Rete. Ma dalla domotica alle automobili dobbiamo aspettarci che avranno intelligenza il frigorifero, la lavatrice, il forno a microonde, le scarpe da ginnastica, la penna da scrivere, l’automobile, il libro e oggetti molto più intrusivi quali i controllori del nostro stato di salute come peacemaker, iniettori di insulina per i diabetici e tutti gli altri che i medici specialisti già oggi usano in telemedicina e che accederanno alle nostre informazioni considerate più sensibili.

Insomma tutti i sistemi di monitoraggio e controllo che a volte abbiamo immaginato di avere per la nostra vita, per la nostra casa e per la nostra automobile, li avremo, tutti sotto il nostro controllo e collegati tutti in RETE.

Nella rete non ci sarà la vita rappresentata, come oggi in Facebook, Linkedin, ecc., ma la vita reale condivisa con il resto del mondo.

Il Pew Research Center ha chiesto a oltre 2000 esperti di tutto il mondo come sarà al rete nel 2025 e ne ha ricavato un report interessantissimo Digital Life in 2025 che trovate qui (http://www.pewinternet.org/2014/03/11/digital-life-in-2025/.
In sintesi la Rete sarà come l’elettricità, dappertutto e invisibile. Sarà attualizzato per la Rete il paradigma dell’energia elettrica cioè: oggi ci accorgiamo che la luce non c’è perché è normale che ci sia.

Anch’io provai nel 2001 a fare una previsione sull’evoluzione di Internet, ecco l’articolo che pubblicai nel 2002 sulla rivista europea degli ingegneri per la società dell’informazione e riportato nel mio blog http://fermareilvento.blogspot.it/, quindi ci riprovo.

Il costo per introdurre intelligenza e rete in un oggetto è ormai talmente piccolo e la dimensione dei relativi circuiti elettronici talmente infinitesimale che gli operatori di hardware li inseriscono dappertutto, anche se non sanno ancora a cosa serviranno. Quello che accade è che non abbiamo più lo stesso oggetto di prima, il Kindle di Amazon ne è un esempio, notate le differenze tra quando era stand alone ed ora che è connesso alla rete.

Quando noi indossiamo un oggetto fatto in questo modo inseriamo nella nostra vita un intruso. 

L’idea d’intruso è quello che guida la nostra sensibilità sulla privacy. Ad esempio non sono intrusi i nostri “amici” di Facebook nonostante tra questi “amici” spesso abbiamo persone che non abbiamo mai visto, ma è un intruso il parente che ci arriva a casa inaspettato di domenica.

Io ritengo che l’intruso sia allo stesso tempo il bisogno e il rifiuto del vivere, come un organo trapiantato.

Un cuore o un fegato oppure un rene trapiantati sono la massima espressione dell’intruso, essi sono i più grandi violatori della nostra privacy. Un pezzo di corpo di un'altra persona è dentro di noi, ci salva la vita, ma il nostro sistema immunitario lo rifiuta, lo rigetta, il conflitto tra il nostro corpo e il corpo di un altro che pur ci salva non termina mai. A volte poi si riduce e lentamente viene accettato; così i due DNA convivono, il tessuto che unisce i due soggetti si accetta quasi si creasse un intersoggetto.

Ora con tutti gli oggetti IoT che porteranno in Rete la nostra realtà e non solo la nostra rappresentazione e i processi di condivisione che avverranno come quelli attuali, con i moltissimi intrusi che si aggireranno fra i nostri dati, in Rete si creeranno intersoggettività.

La Rete del 2025 non si vedrà, ma sarà il luogo dove perderemo la coscienza di noi stessi per evolvere verso identità condivise, insiemi volontari e involontari di intersoggettività, che non solo condivideranno stessi interessi, ma li vivranno insieme.

Come ho scritto nell’articolo “ Permanenti instantanee: Internet e la scimmia instancabile “  (http://www.ilsensodismillaperlarete.it/permanenti-istantanee-internet-e-la-scimmia-instancabile/) la Rete mostra chiaramente che le persone fanno tutte le stesse cose, in modo eterno. Questo la Rete ora ce lo mostra, come una mappa mostra un territorio, in futuro ce lo farà vivere contemporaneamente e mappa e territorio coincideranno.

La Rete nel 2025 sarà senza privacy, senza limiti, senza frontiere.

Vi lascio con un enigma: la Rete del 2025 sarà la “Grande gioia della generazione”.

 

L’Italia, la globalizzazione e la sociodinamica dei popoli in movimento

Pubblicato su Il senso di Smilla per la Rete 2015

Zur Elektrodynamik bewegter Körper, (L’elettrodinamica dei corpi in movimento) così 110 anni fa si intitolava l’articolo con cui Einstein proponeva al mondo scientifico la Relatività, conosciuta con la formula che è ormai un’icona E=mc2.

L’Italia è l’unica nazione, il cui popolo lava i panni sporchi non in famiglia, ma davanti al mondo.

Ricordate lo scandalo del calcio del 2006, proprio nell’anno dei campionati mondiali, scoppiò, con grandissimo clamore, lo scandalo delle partite di calcio truccate nel campionato di serie A. Il popolo italiano andò in Germania con la testa china, il viso pieno di vergogna e rabbia e nessuna speranza di riscatto, dopo un mese eravamo Campioni del Mondo.

Quest’anno è l’anno dell’EXPO sul cibo, probabilmente uno degli asset migliori di questo popolo, la cucina italiana e il cibo italiano sono senza dubbio (parlo per me) i migliori al mondo, qui non dobbiamo fare nessun campionato, vinciamo di default.

In aggiunta questo Papa che ha davvero l’intenzione di evangelizzare il mondo, cosa fa? Proclama un Giubileo straordinario: il Giubileo della Misericordia! Non fa in tempo a chiudere i battenti l’EXPO a Milano che inizia il Giubileo a Roma.

 

Un popolo normale, uno Stato normale, avrebbe serrato le fila e mostrato al mondo il meglio di sé in termini organizzativi, di efficienza, ecc. ecc.. Invece no, l’Italia prima scopre le infiltrazioni mafiose negli appalti dell’EXPO, poi il giro di mazzette politiche, quindi il dramma ce la faremo, non ce la faremo, quindi l’EXPO parte ed è un successo, buona l’organizzazione, ottime le presenze insomma confermiamo di essere sul cibo Campioni del Mondo.

Chiuso il dramma EXPO parte Roma con Mafia Capitale, un’indagine che mostra quanto oggi la politica sia permeabile agli interessi economici. L’autonomia della politica dall’economia è la prima delle necessità, altrimenti i politici rischiano di essere sempre e comunque a libro paga di qualcuno, anche senza essere corrotti.

Insomma nel momento in cui Roma più del solito va nel frullatore dei media mondiali, scopriamo con una certa curiosità che «La mucca tu la devi mungere, però gli devi dà da mangià» un principio che chi come me è nato contadino conosce perfettamente, ma probabilmente nessuno aveva mai applicato agli uffici pubblici e alle aziende pubbliche.

Ma nello specifico lo scandalo di Mafia Capitale, non si concentra sugli uffici dell’urbanistica o dei lavori pubblici nei quali da sempre viene concentrato il massimo degli interessi privati, ma sulla gestione degli immigrati e dei rifugiati.

Quindi provo e mettere tutto insieme con una frase sincopata alla J-Ax: Roma, Mafia, Capitale, Immigrati, Giubileo, Misericordia. Un mix incredibile all’interno di un solo bicchiere.

E naturalmente per non farci mancare nulla il problema dei “barconi” che partono dalla Libia diventa inarrestabile, Francia, Germania e Inghilterra ci fanno tutti i giorni lezioni su come dovremmo comportarci, bloccano le frontiere ecc. ecc., il Papa dice che bisogna accogliere tutti, mentre alcuni politici propongono di bombardare i barconi, oppure di “darglie foco” avrebbe detto Buzzi.

Ora viene la domanda: può un Comune completamente frastornato, con consiglieri e assessori indagati e/o arrestati, con una credibilità vicino allo zero, con problemi economici e di bilancio, con una esplicita incapacità di governo, gestire il Giubileo? Marino pensa di farlo mandando la destra nelle fogne, ma il lavoro che aspetta Roma con i due campioni della Misericordia mondiale: Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta, solo in termini di gestione della sicurezza e della decenza, è enorme e necessitano di un commissario che abbiamo poteri e risorse umane ed economiche adeguate allo scopo e non sia sottoposto in ogni scelta al voto di un consiglio comunale, che fino ad oggi, diciamo la verità non ha brillato per le scelte che ha fatto.

Se chiudiamo gli occhi e immaginiamo il mondo, vedremmo popoli interi che per motivi economici, umanitari o culturali, si spostano. Infatti sono oltre 600 milioni i cittadini che si spostano solo per turismo, una massa enorme come mezza popolazione indiana o come tutti i cittadini europei. In Italia arrivano 48 milioni di turisti e qualche centinaio di migliaia di migranti e rifugiati. Per l’EXPO 10 milioni verranno dall’estero, forse più per il Giubileo.

Questa sociodinamica, mai registrata nel passato in queste dimensioni, sta cambiando il inaspettatamente il mondo relativizzando il concetto di Stato e di nazione, non quella di popolo. Anzi i popoli tendono a resistere.

L’interconnessione di Internet e quella fisica di aerei, navi e treni, cancella più velocemente di quello che si pensasse i confini fisici e modifica quelli culturali.

L’ISIS è un’espressione di resistenza estrema alla relativizzazione dei confini culturali.

La firma del TTIP può rallentare l’erosione della cultura occidentale?

L’Italia che è un territorio occupato da un popolo che non ha grande stima dello Stato, né un grande senso nazionale, e che non ha mai pensato di essere il popolo migliore del mondo, è utile che continui a lavare i panni in pubblico, la sua famiglia è questa, da sempre nel bello del Rinascimento e nel brutto di mafia capitale, e in questo cambiamento ha qualche asset in più. Siamo come sempre i campioni del mondo anche se non lo riconosciamo. Andremmo esposti al Museo di Sevres come unità di misura della Cultura.

 

La Grande Ricchezza: il primo Giubileo della Rete

 

Il Papa, questo Papa venuto dalla fine del mondo, invita il Mondo a Roma per un Giubileo straordinario.

Non sono un vaticanista, tantomeno un esperto di questioni religiose, ma mi interessa riflettere sempre più sugli sciami, sulle reti sociali e sull’interconnesso mondo degli uomini.

Così quando ho letto che saranno esposte a Roma le spoglie di Padre Pio (so che è santo ma per tutti noi è rimasto Padre) e che Madre Teresa di Calcutta sarà proclamata santa, mi è sbocciato nella mente un punto di domanda, non sul perché delle decisioni, questo è comprensibile, ma su quale sarà l’effetto sulla Rete di questo evento ipermondiale.

Provo a spiegarmi. Questo Giubileo, sarà il primo Giubileo della Rete perché nel 2015 gli internetauti raggiungeranno la cifra di 3,2 miliardi, nel 2000, anno dell’ultimo Giubileo erano solo 400 milioni.

Se analizziamo i big data allora dobbiamo altresì valutare che i cattolici nel mondo sono 1 miliardo e 254 milioni, ma i cristiani raggiungono i 2,4 miliardi, un terzo della popolazione mondiale e  la caratteristica principale di tale religione è che non esiste un angolo della Terra senza un cristiano.

D’altra parte probabilmente la quasi totalità di questo popolo di credenti è connesso alla Rete e con essa vivrà il Giubileo.  Immaginate quanti vorranno usare Periscope per mandare in diretta la loro esperienza, ma non è solo questo. L’impatto sulla Rete sarà massiccio e ne cambierà i connotati.

Infine la scelta di due figure come Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta così catalizzanti rafforzeranno nelle menti l’archetipo Padre-Madre come la famiglia originaria Giuseppe e Maria e, la loro dedizione ai più poveri e ai sofferenti, la loro com-passione, sarà la potente leva per riaffermare la missione originaria della religione cattolica, cioè l’evangelizzazione attraverso l’emancipazione, il riscatto dallo stato della non conoscenza di Dio e la conquista della speranza con l’accoglienza dell’intruso e dell’immondo.

Ancora una volta questo Papa sottolinea l’incapacità della classe politica mondiale di non riuscire a percepirsi come tale, ma soltanto come un’assemblea litigiosa di condomini, incapace persino di controbattere all’uso terroristico della Rete e incapace di assumere la migrazione dei popoli come un fenomeno strutturale superando il concetto di integrazione e sostituendolo con un altro più adatto e risolutivo di interazione più proprio per un mondo di comunità interconnesse.

In questo la teoria delle Reti di Laslo ed il principio delle reti ad invarianza di scala, ci aiutano a prevedere come il Vaticano e la religione cattolica torneranno ad essere l’hub principale, nelle reti degli uomini e delle donne e nelle reti di uomini  e delle donne connesse faranno fluire i valori di fratellanza e solidarietà.

Non mi accorsi del Giubileo del 1983, proclamato per i 1950 della morte di Cristo, se non per l’aver accompagnato mia madre in Vaticano. Non credo che molti lo ricordino, come molti non ricordano quello del 2000: eravamo separati, ma sono sicuronon dimenticheremo questo.

Leggeremo di gruppi su FB, vedremo dirette con Periscope, riceveremo twitt da amici e da sconosciuti, saremo immersi in un flusso di comportamenti che influiranno sulla nostra intersoggettività e in un processo adattativo cambieremo Noi e la Rete.

 

Per finire una curiosità tratta dalla Genesi:

Dio si rivolse così ad Abramo: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza. Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò. Genesi 17

Dio si rivolse così ad Giacobbe: La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra». Genesi 28

Pubblicato su Il senso di Smilla per la Rete 2015

La Democrazia e la Giustizia nell’Era dell’Insicurezza Informatica

Pubblicato su Il senso di Smilla per la Rete nel 2015

La carenza di sicurezza informatica è la più grande minaccia che le democrazie dovranno affrontare nei prossimi anni.

La mancanza di sicurezza informatica rende per definizione il  “dato” incerto e quindi l’informazione da esso dedotta probabilmente falsa e nella nostra società dove tutto è basato sulla certezza dell’informazione, si può comprendere il caos che da questa mancanza si può generare.

Non deve intendersi solo l’incertezza dei dati legati alle “elezioni dei rappresentanti dei cittadini” di cui molto si parla, ma anche a quella del semplice dato  legato ad un’analisi medica (ad es. un parametro del sangue) che può indurre il medico in errore e quindi alla non individuazione della malattia e al rischio di salute per il malato.

Per questo la cybersecurity interessa tutti noi come comunità ed ognuno di noi come persona.

La cyberwar  di cui si discute si esplica anche in questo cioè  nella falsificazione di un dato o di un’informazione nella comunicazione tra persone o tra macchine.

I freni delle nostre automobili, pur essendo meccanici, rispondono e sono sottoposti ad impulsi del computer di bordo il quale gestisce l’insieme dei segnali che durante la guida i molteplici sensori acquisiscono e distribuiscono in una classica comunicazione machine to machine.

Se il radar dell’automobile a guida autonoma non trasferisse al computer di bordo l’esistenza un pedone sulla carreggiata, oppure il computer di bordo non trasferisse ai freni il segnale del radar, l’automobile non frenebbe e il pedone rischierebbe di essere investito.

D’altra parte è delle settimane scorse la notizia che il software dell’aereo Boing 747 Max, avrebbe provocato diversi incidenti con molti morti.

Viene da chiedersi se è il software che è stato progettato male, oppure se esso è stato alterato da criminali informatici, ovvero da aziende concorrenti proprio per distruggerne la reputazione e quindi toglierla dal mercato.

Nel 2015, negli Stati Uniti, è stata fondata una società che dichiara di essere per il mantenimento dell’integrità delle informazioni, tale società  la New Knowledge è gestita da esperti in sicurezza nazionale, in media digitali e in machine learning  e che ha come missione la protezione dei marchi e delle industrie da campagne online che ne manipolano la narrativa e danneggiandone la reputazione.( https://www.newknowledge.com )

Tra l’altro i suoi ricercatori hanno testimoniato davanti al Congresso degli Stati Uniti relativamente alla campagna di influenza straniera sulle elezioni presidenziali del 2016 e qui si trova il loro interessante rapporto https://www.newknowledge.com/articles/the-disinformation-report/.

Ma tra le loro ricerche troviamo anche come le campagne possono essere fatte per distruggere un’azienda o una persona e qui si trova l’altro loro interessante report.

https://www.newknowledge.com/articles/what-happens-when-brand-narratives-get-out-of-control/

A questo indirizzo infine https://www.newknowledge.com/articles/ trovate tutte le loro ricerche e la Link Campus University si sta impegnando per tradurle in italiano e renderle fruibili a tutti, anche se con un traduttore online ognuno può ottenere una buona traduzione.

Ma la sicurezza informatica è poliforme e caleideoscopica infatti qualche giorno fa Bloomberg ha affermato che Vodafone Italia aveva individuato già nel 2009 alcune vulnerabilità all’interno degli apparati Huawei i quali sono stati poi corretti. https://www.repubblica.it/economia/finanza/2019/04/30/news/huawei_vulnerabilita_sulla_rete_vodafone_in_italia_nel_2011_e_2012-225169946/;

Queste vulnerabilità potevano consentire di accedere ai dati degli utenti violandone la privacy più intima. Queste vulnerabilità corrette ci fanno capire che la carenza di sicurezza informatica nasce anche da falle, errori, dimenticanze all’interno dei software, cioè all’interno delle righe di codice, le quali possono essere anche non volute.

Ma per contestualizzare meglio la questione dobbiamo chiederci da quante righe di codice è costituito un software?

Il software di Google circa 2 miliardi di righe, mentre Facebook soltanto 61 milioni e qui si trova un articolo che costruisce una classifica delle righe di codice dei principali software https://www.dopedgeeks.com/quante-righe-di-codice-ci-sono-in-google-facebook-e-windows/.

Per avere un paragone con qualcosa più vicino al nostro modo di essere, bisogna considerare che tutti e sette libri di Harry Potter sommano poco più di un milione di parole e circa centomila righe, il doppio di Guerra e Pace di Tolstoj, ma un infinitesimo rispetto ad un software https://www.illibraio.it/quante-parole-libri-361232/.

Poiché un errore in un software, voluto e non voluto, diventa un appiglio per un criminale informatico, per un terrorista, per un nemico e  può essere la miccia per avviare l’attacco ad una infrastruttura critica, elettricità, treni, ecc. ecc., comprendiamo quanto la sicurezza informatica sia una cosa complessa, complessa come scovare un errore su un libro con due miliardi di righe o un ago in un pagliaio.

Ma per la avere la sicurezza informatica  non  dobbiamo per forza tornare alla “carta” è necessario far crescere la conoscenza e la consapevolezza oltre ai controlli di qualità ed alle certificazioni di hardware e software.

La Democrazia può esistere soltanto se il dato e l’informazione sono ragionevolmente certi, esiste cioè se c’è una ragionevole distinzione tra il vero e il falso e questa distinzione è verificabile perché in questa distinzione si definisce la Giustizia e quindi Storia che influenza la vita economica, sociale e politica dei cittadini, delle persone come singoli e come comunità. L’assenza della ragionevole veridicità dei big data in Internet può cancellare la Storia.

C’è bisogno di studiare per proteggere le nostre democrazie che pur nell’imperfezione hanno generato un mondo liberal che vale la pena di difendere.

 

 

Alla fine di Facebook: non è un brindisi

Pubblicato su Il senso di Smilla per la Rete nel 2014

L’idea di Facebook nacque in Italia, come molte cose, però l’importante non è avere l’idea  ma avere l’idea al momento giusto e perseguirla con determinazione.

Non fu così per quanto riguarda noi e chissà per quanti altri.

Allora amministravo eWorks, un incubatore romano nato dalla visionarità di Renato Brunetti, una delle persone che insieme a Joe Marino e Paolo Nuti hanno portato Internet in Italia nonché proprietario di UNIDATA.

Accadde quando ero insieme a Stefano Giannuzzi allora amministratore di Reference, una web agency degli anni 90 e Marco Placidi, ideatore e realizzatore di Roma Sotterranea, una sera quando si faceva sempre tardi a immaginare le magnificenze che avrebbe portato la Rete nella vita quotidiana e ragionavamo sui processi di interazione uomo-macchina e di usabilità incrociandoli con comportamenti e progettando le interfacce dei software.

L’idea venne dai comportamenti collegati agli album delle foto che tutte le famiglie italiane collezionavano, ci dicemmo: realizziamo un sistema che consente di caricare le proprie foto e di mostrarle agli altri di descriverle e di scambiarsi opinioni sui forum e magari fare chat insieme. Una virtualizzazione delle riunioni di famiglia.

L’idea ci parve buona, ma bisognava progettare un software che consentisse a tutti di caricare le foto, di commentarle e di fare album ecc. Allora le tecnologie disponibili non erano così semplici, serviva un software di rete che rappresentasse una rivoluzione come il mouse con l’interfaccia grafica fu per il PC. Era l’inverno 2000 e dopo una serata in cui ci eravamo esaltati a pensare questo software, nei giorni successivi ci tuffammo nel lavoro quotidiano e lo dimenticammo.

Un anno fa in un SMS Marco Placidi mi scrisse: Pa’ (diminutivo di Pasquale) ti ricordi quando pensammo Facebook?

Ho deciso di cancellare il mio account da FB, dopo 6 o 7 anni di frequentazione di questo torrente, mi ritiro, il motivo è la soluzione dell’equazione dei social network che vedo vicina.

Mi spiego. A mia opinione i social network sono uno strumento di riduzione della complessità, della vita umana, essi rispondono a questa necessità.

Provo con una metafora a dirla meglio, se immaginiamo una foglia che cade da un albero all’incrocio tra via Nomentana e viale XXI Aprile a Roma, in una giornata di vento, chi saprebbe calcolare il percorso di caduta considerando l’influenza delle automobili e degli autobus, delle correnti di vento, del pallone dei ragazzini che giocano nel campetto del San Leone Magno e di qualche altro migliaio di fattori che influiscono su quella caduta?

Eppure il percorso di caduta pur essendo così difficile da immaginare e impossibile ad oggi da calcolare, avviene.  Nella realtà quella foglia compie un percorso, raggiungendo inesorabilmente l’asfalto, che è il risultato di tutte le forze che hanno agito in maniera concorrente.

Questo fanno i social network, nella crescita di complessità della vita tentano una semplificazione, provano a disegnare un percorso che risolva l’insieme delle spinte che agiscono su di noi,  un po’ come una molecola d’acqua nella corrente di un torrente che  prova a costruire una zattera per elevarsi dalla superficie a vedere dove il percorso la porti mantenendone traccia.

Per questo credo che la soluzione della complessità sociale, stia evolvendo verso una nuova tecnologia di relazione in cui distanza e vicinanza sono identici, infatti il lemma di Guy Debord nel libro “ Commentari alla società dello Spettacolo” :  - La società modernizzata fino allo stadio dello spettacolare integrato è contraddistinta dall'effetto combinato di cinque caratteristiche principali, che sono: il continuo rinnovamento tecnologico; la fusione economico-stataleil segreto generalizzato; il falso indiscutibile; un eterno presenteha avuto, in questi ultimi tempi, tre su cinque tentativi di rottura e cioè:

  1. Il segreto generalizzato con Snowden
  2. Il falso indiscutibile con la guerra in Ucraina
  3. La fusione economico-statale con la guerra monetaria

Dobbiamo aspettarci del recupero della nostra Storia cosa che la pressione dell’immigrazione provocherà nelle civiltà avanzate (Papa Francesco ne è un antesignano) infine resterà soltanto da far saltare il continuo rinnovamento tecnologico, nel senso che le IoT ( Internet of Things) non avranno più bisogno della rete perché la conterranno.

Quindi esco da Facebook perché voglio uscire dalla corrente per vedere a che punto sono del percorso e il torrente dove sta andando.

Archie, Gopher, altri nonni di Google e i matrimoni gay, domande imprecise per risposte esatte.

Pubblicato su Il senso di Smilla per la Rete nel 2014

Gopher mi piaceva, sentivo di entrare nel computer di un altro che mi metteva a disposizione i suoi documenti in uno scambio libero della conoscenza. Allora sui risultati dei motori di ricerca non c’era pubblicità, ci furono Arianna, Virgilio, Yahoo!, il mitico Altavista, poi arrivò Google che cambiò tutto, usò la capacità di inferenza dell’essere umano nel definire i contenuti di una pagina web per determinarne qualità ed importanza.

Per fare ciò usò l’algoritmo scritto da un italiano e i soldi che solo gli Stati Uniti sanno investire nell’innovazione. La solita storia come il PC, il mouse ed altre cose scoperte in Italia ma che hanno avuto successo oltreoceano.

Google oggi vale quasi 400 miliardi di dollari, Apple vale di più quasi 500 ma Apple vende oggetti, Google cosa vende?

Si dice che Google vende pubblicità e servizi, non è così, Google regala conoscenza!

Gli utenti del Web quando cercano si comportano nella maniera più variegata possibile, c'è chi vuole una semplice e secca informazione, mentre altri voglio tutti i dettagli relativamente ad un dato argomento.  Alcuni vogliono un’informazione molto accurata e da fonti autorevoli, ad altri non interessa la qualità gli è sufficiente una quantità industriale di dati. Alcuni possono anche aspettare prima di avere un’informazione, altri ne hanno bisogno immediatamente.

Le aspettative di ricerca sono molteplici e molto legate anche al tipo di competenze che ha l'utente, nel fare ricerche,. Un sistema di ricerca deve saper distinguere queste diverse necessità ed essere in grado di rispondere a tutte.

Il processo di ricerca invece è molto comune fra gli utenti, infatti è un processo iterativo. L'utente fa un primo tentativo di ricerca, legge le risposte, apprende qualcosa di nuovo su quel argomento e lancia una nuova ricerca affinando la richiesta e così via fino ad aver le risposte che cercava.

Così come io scambiavo conoscenza utilizzando Gopher con altri miei corrispondenti nelle università sparse nel mondo, così oggi il processo iterativo di ricerca è un concreto processo di apprendimento per tentativi ed errori.

Noi lanciamo una ricerca, leggiamo i risultati apprendiamo qualcosa sulla nostra ricerca così l’affiniamo e ripartiamo nella ricerca, sino a trovare la risposta esatta al nostro quesito impreciso.

Cameron ha autorizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Mi son chiesto, come mai i matrimonio dello stesso sesso che si celebrano all’estero anche tra italiani, non vengono registrati in Italia? Parto con la ricerca su Google e scopro dopo tre affinamenti di ricerca che non c’è nulla che vieta il riconoscimento del matrimonio, ma non essendoci una norma specifica, il matrimonio pur se trascritto non genera alcun effetto civilistico.

La Corte di Cassazione suggerisce a queste coppie sposatisi all’estero di rivolgersi al TAR.  Mah!

Quindi Google mi ha consentito  di apprendere termini e procedure, una specie di autocura della mia ignoranza. Andrebbe prescritto a molti.

Il futuro non va inseguito, va progettato

Pubblicato nel 1999

Contributo al congresso dei Democratici di Sinistra della autonomia Tematica nazionale “netWork”

Questo documento ha l’obiettivo di approfondire il punto di vista della sinistra sulle trasformazioni  prodotte dall’evoluzione della Società dell’Informazione. Riteniamo che tale tema debba assumere all’interno del dibattito congressuale la stessa centralità che è invece evidente nelle trasformazioni in atto nella società italiana.  In altri termini, riteniamo utile questo contributo per far sì che la discussione congressuale affronti  il tema, per noi indispensabile, del rapporto, tutto da ricostruire, tra rappresentanza politica e trasformazioni sociali.

1. La spinta tecnologica

Viviamo oggi l’onda lunga di una spinta tecnologica, qualcuno l’ha definita “la più grande valanga tecnologica della storia”, che sta velocemente trasformando i tempi, i modi, i luoghi della produzione; il modo di vivere e di lavorare delle donne e degli uomini, le dinamiche delle relazioni sociali, dell’apprendere, dell’abitare; le forme della  rappresentanza e del governo, gli ambiti di intervento e di legittimazione della politica.  Una spinta tecnologica, sotto molti aspetti irreversibile, che pone questioni cardinali al sistema stesso della morale.

Non è un prolungarsi, sotto forme nuove, delle dinamiche del secolo che muore.  E’ un mutamento di civiltà che ha “i caratteri di una nuova rivoluzione passiva”1, la cui interpretazione impone a noi, uomini e donne di sinistra, la ripresa, in tempi brevi, di “pensieri lunghi”.

Di questa trasformazione, le tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, le grandi reti di  comunicazione, per natura pervasive e caratterizzate da una dinamica veloce e complessa, costituiscono il cuore.

Esse infatti rendono possibili modalità inedite di progettazione, di cooperazione produttiva, di relazione con il mercato, offrendo inesplorate possibilità per la diffusione di informazioni, conoscenze e competenze.

2. Una trasformazione non neutrale

Questa trasformazione non è neutrale. Può consentire lo sviluppo e l’autonomia del lavoro o aumentarne lo sfruttamento, può generare nuove opportunità di democrazia, o favorire l’impoverimento della partecipazione politica, può estendere i diritti di cittadinanza o generare nuove esclusioni, può essere occasione di migliorare l’utilizzo delle risorse culturali e scientifiche o allargare la distanza tra settori avanzati e non; tra società avanzate e non.

Le trasformazioni prodotte dalla società dell’informazione non esauriscono il conflitto sociale, ma lo trasferiscono in un diverso contesto, dove cambiano gli attori, i bisogni, le modalità del conflitto. Compito della sinistra è comprendere il nuovo contesto e ridefinire la sua funzione di rappresentanza politica e di attore di governo. Una sinistra che governa le inedite possibilità legate all’onda tecnologica di inizio secolo, può aprire un’era in cui l’idea nuova di partecipazione cosciente ai processi decisionali, sia in ambito economico che sociale, consentirà un passo decisivo verso una concezione più alta di Civiltà.

Ecco, dunque, il punto: la sinistra italiana, europea, e parte del movimento democratico e di progresso globale, deve assumere la responsabilità di governo dei processi di trasformazione, orientandone gli esiti all’interno di un orizzonte di eguaglianza, democrazia, libertà, partecipazione, competizione/cooperazione sostenibile e solidale, riportando al centro del suo agire la persona, la sua liberazione, il suo diritto alla pace, al soddisfacimento dei bisogni, alla completezza intellettuale e culturale.

A partire dal nostro stesso Paese, ove la sinistra è chiamata a farsi carico di un interesse generale della Società italiana: realizzare in tempi brevi una profonda e radicale trasformazione delle strutture produttive, sociali amministrative del Paese.

3. La Sinistra dell’innovazione

Per ridefinire sé stessa nella complessità della trasformazione la sinistra deve scegliere un punto di partenza, un  approccio interpretativo attraverso il quale guardare all’insieme dei fenomeni di cambiamento. Noi riteniamo

Che questo è quello della rappresentanza dei bisogni dei nuovi soggetti nati dalla trasformazione. C’è uno iato tra interesse sociale, individuale e collettivo, al cambiamento, all’innovazione e rappresentanza politica.

Il lavoro che cambia, i settori che producono innovazione, quelli che provano a rompere tradizionali rendite corporative per poter integrarsi nell’economia globale; in altre parole, la figura centrale in questa trasformazione, quella dei lavoratori dell’innovazione, della “conoscenza” stenta a trovare strutture adeguate di espressione e rappresentanza politica. Come allo stesso modo, non trovano espressione e rappresentanza i nuovi bisogni culturali e intellettuali, le esigenze di un’etica sociale e individuale, costretta a mutare dalle evoluzioni delle biotecnologie e della medicina, dal formarsi di nuovi nuclei fondamentali nella struttura sociale.

Rappresentare, dare espressione politica alle forze dell’innovazione deve essere il focus di una sinistra nuova, che sa esplorare il contemporaneo e sa anticipare il futuro. Certo, è un percorso lungo e difficile quello di una sinistra che, firmando un patto con i protagonisti dell’innovazione, si candida a progettare e costruire le traiettorie della trasformazione e che ha l’obbligo, quindi, di ritrovare una capacità progettuale pari a quella che seppe esprimere negli inizi del secolo che muore.

Questo passa da alcuni punti chiave

a) Identificare i soggetti dell’innovazione, ripensando il paradigma lavoro

b) Ripensare le dinamiche della competizione, garantendo una nuova rete di diritti

c) La capacità di orientare e influenzare lo sviluppo

4. Il Lavoro nella Società dell’Informazione

Centrale nell’elaborazione teorica della nuova sinistra è il lavoro.  Quel lavoro che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e più in generale le dinamiche dell’economia di rete modificano in profondità rimuovendo il vincolo dell’unità di tempo e di luogo del processo produttivo.

E’ infatti a partire dal lavoro, dal lavoro del 900,  per tutto il 900, che la sinistra, assumendo come centrale il soggetto più debole, l’operaio del sistema fordista, ne fece il suo punto di forza, il perno attorno al quale costruire definire sé stessa, i suoi valori, il suo bagaglio teorico, i suoi moduli organizzativi, il suo modo di lottare e di governare.  Oggi come allora la sinistra è chiamata ad individuare i “soggetti deboli” della trasformazione “tecnologica” e definire, alla luce di ciò, nuovi istituti di tutela e promozione, nuove forme di rappresentanza, ma soprattutto i suoi stessi modelli e la sua stessa identità.

La sinistra è consapevole dei profondi cambiamenti del lavoro, ma riesce a definirli ancora solo per differenza rispetto al passato, chiamandolo lavoro “post-fordista”, senza avviare ancora, in profondità, quel gigantesco lavoro di interpretazione politica dei cambiamenti del lavoro che solo può consegnarci ulna delle chiavi di interpretazione del secolo che nasce.

Partire dal lavoro implica, come passaggio preliminare, una profonda correzione rispetto al modo con cui la sinistra ha finora guardato alle trasformazioni della Società dell’Informazione, spesso identificata totalmente con i problemi dei nuovi mercati (e dei nuovi soggetti industriali) generati dalla convergenza digitale.

La sinistra politica e sindacale spesso identifica il lavoro che cambia esclusivamente con i lavori che si generano nei nuovi settori del multimediale o del telematico. In realtà è tutto il lavoro che viene trasformato dall’uso delle  tecnologie dell’informazione: quello dipendente e quello autonomo, quello vecchio e quello nuovo, quello reale e quello virtuale, e, soprattutto, è la sua classificazione organizzativa e normativa, in buona parte, a perdere di senso.

E il lavoro che cambia chiede e pratica nuovi modelli di produzione basati sulle opportunità della rete. La sinistra deve, allora, valorizzare e promuovere la rete come luogo in cui la cooperazione produttiva produce valore. Questo valore prodotto dalla cooperazione ha la forza per indicare nuove direzioni all’organizzazione delle imprese, delle  amministrazioni, dei mercati.

 

Una inedita forza sociale sta nascendo e trova forma nei soggetti dell’innovazione. Compito della sinistra deve essere liberarne le potenzialità, tutelarne i diritti, esprimerne le esigenze, progettare e costruire nuove opportunità di

sviluppo, nuove risorse di welfare, nuove forme di rappresentanza politica.

“Tutto ciò a cominciare dai nuovi lavori: non è sufficiente, anche se è un passo fondamentale, estendere ad essi istituti di tutela del lavoro tipici del lavoro dipendente, ma occorre cogliere gli elementi... [ok fino al punto]. togliere “percorrere la strada inversa”, poi ok.”

Tutto ciò a cominciare dai nuovi lavori: non è sufficiente, anche se è un passo fondamentale, estendere ad essi istituti di tutela del lavoro tipici del lavoro dipendente, ma occorre cogliere gli elementi di radicale novità dovuti alla natura della prestazione ed al contenuto cognitivo e professionale tipici non solo dei nuovi lavori, ma anche delle modificazioni in atto nei lavori tradizionali e nel lavoro dipendente. E’ necessario, dunque, porre al centro dell’attenzione i nuovi lavori - e la valorizzazione della loro soggettività - come paradigma generale delle trasformazioni del lavoro sia all’interno che all’esterno dei confini delle imprese.

5. Più competizione, più diritti

Una sinistra che ridefinisce il paradigma lavoro, la sinistra che firma un patto con i protagonisti dell’innovazione, si candida ad essere uno dei motori dello sviluppo, recuperando capacità di analisi e di “governance”, ridefinendo gli assunti e gli obiettivi.

Questo implica una trasformazione culturale che ridisegni l’idea di competizione, che sappia trovare modalità nuove di creazione del valore nell’economia di rete. L’integrazione del paese nella unione Europea, le dinamiche della globalizzazione, ci impongono di competere sull’innovazione, sulla qualità dei processi e dei prodotti, sulle “capacità”. La Sinistra dell’innovazione è, dunque, Sinistra della Competizione, capace di regolarne le dinamiche e governare “lo sviluppo” per orientare la globalizzazione nel senso dell’equità e del progresso sociale, in alternativa al pensiero liberista che ripropone sotto il luccichio tecnologico vecchie logiche e vecchie idee di società.

E’ una occasione straordinaria per la definizione di linee di sviluppo dove il rispetto dei diritti, la capacità di redistribuzione di uguaglianze e opportunità assumano un ruolo centrale. Questo non può essere demandato alle dinamiche del libero mercato ma ci impone di ripensare il ruolo dell’intervento pubblico. Uno Stato in grado di essere “socio di minoranza” nei grandi processi di innovazione, che a partire da una nuova politica industriale sull’offerta, la disponibilità e l’orientamento delle risorse, riesca a coniugare domanda sociale con  i diritti arrivando a fare del sistema produttivo un motore per un nuovo “dividendo sociale”.

Scegliendo in sintesi dove competere, in quali settori per creare la maggiore occupazione possibile. Lo stato che riprende un ruolo di invenzione strategica, in grado di coniugare più competizione e più sviluppo con più diritti, a partire dal nuovo mondo del lavoro.

Uno stato che sceglie dove competere all’interno della nuova divisione internazionale del lavoro a partire dalle potenzialità e specificità nazionali , a partire dalle risorse dell’immateriale che sono le sue migliori competenze, le sue risorse culturali e monumentali, la sua posizione geografica. Perché non c’è competizione senza ridistribuzione e viceversa. La sinistra allora come forza dell’innovazione che riafferma su base progettuale il primato della politica e rivitalizza il ruolo dell’intervento pubblico a partire dalla capacità di orientare lo sviluppo dentro il mondo attraversato dalle reti, dove il valore co-progettazione e fiducia sono gli snodi dell’intervento. Con un obiettivo preciso: la piena occupazione di qualità.

 

6. Avviare la trasformazione

Il governo della sinistra ha avviato con decisione la modernizzazione dei sistemi produttivi, amministrativi e normativi del paese. Lavorano a questo progetto competenze ed esperienze professionali spesso di eccellenza.  Vi è una recente e significativa attenzione alle opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione. Eppure anche i migliori e più fondati progetti rischiano di fallire. Non basta infatti progettare adeguatamente il cambiamento. Il problema (tutto politico) è attuarlo. La recente attenzione alle opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione deve tradursi sempre di piu’ in progettazione eccellente, accompagnata da una precisa e ferma volontà attuativa.

Non basta piu’ riconoscere la necessità della trasformazione ma è necessario avviarla.

A partire da alcune politiche già oggi possibili, sulla cui attuazione, la sinistra misurerà la sua capacità di rinnovamento e di rapporto con i soggetti dell’innovazione nel nostro paese.

 

Le politiche dell’innovazione

7. Reti civiche

 

Nell’ambito delle politiche per lo sviluppo locale della società dell’informazione, particolare rilevanza assumono le “reti civiche” che si stanno sviluppando in molte città italiane. Le reti civiche possono e devono assumere un ruolo centrale nello sviluppo del Paese come strutture cooperative tra cittadini, istituzioni locali, associazioni, attori produttivi che consentono di promuovere: la tutela del diritto all’informazione, come parte dei diritti di cittadinanza nella Information Society;  le sinergie di cooperazione tra i diversi soggetti che operano nell’ambito locale; la formazione rivolta in modo specifico alle nuove tecnologie; la formazione continua legata alla produzione e allo scambio di informazioni in rete nei più diversi settori; l’efficienza, la trasparenza, la semplificazione, in particolar modo per quanto riguarda i servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione e i rapporti tra istituzioni e cittadini; la partecipazione di tutti i soggetti alla soluzione cooperativa dei problemi della propria area, e alla definizione dei suoi processi di crescita; la coesione sociale tra i diversi soggetti dell’area, che rafforza il senso di comunità e riduce il rischio di esclusione; la promozione del tessuto socio-economico dell’area; la cooperazione produttiva dei soggetti che svolgono nuovi lavori.

Una rete civica strutturata in modo appropriato, e che in particolare valorizzi appieno gli aspetti formativi e le possibilità della cooperazione di rete, è un formidabile laboratorio dell’innovazione, strumento indispensabile per assegnare un ruolo attivo al nostro Paese, ed evitare di subire le scelte tecnologiche, produttive, di consumo decise altrove.

8. Formazione, Educazione, Ricerca

Sulla centralita’ della formazione nella societa’ della conoscenza tutti sembrano essere d’accordo. Nei fatti pero’ il sistema educativo (scuola ed universita’), quello della formazione professionale e la ricerca operano separatamente fra loro ed in ritardo rispetto alla realta’ produttiva.

Oltre alla indispensabile azione di alfabetizzazione di massa sulle nuove tecnologie dell’Informazione, attuabile solo in un contesto della piu’ ampia accessibilita’ degli strumenti tecnologici informatici e di comunicazione, occorre che si crei una rete di scambio e cooperazione stabile fra tutti i soggetti che si occupano di formazione, in una reale visione di sistema, che consenta davvero un processo di “gioco a guadagno condiviso” fra istituzione educative, formative ed imprese. Solo questo meccanismo puo’ consentire alla formazione di svolgere quel ruolo di “volano” dell’economia capace di creare nuova impresa e nuovo lavoro, specialmente per i giovani. Solo una consapolezza diffusa dei mutamenti prodotti dall’innovazione puo’ consentire di “ridisegnare” le competenze e le abilita’ di tutte professioni e di tutti i lavoratori, che sempre di piu’ si connotano come “lavoratori della conoscenza”. Solo cosi’ i bisogni formativi possono essere adeguatamente anticipati.

La nozione di conoscenza, che pervade tutti i settori dell’innovazione, richiede nuove capacita’, non solo di alfabetizzazione informatica, ma anche e soprattutto capacita’ di comunicazione, di espressione, di comprensione e gestione di una realta’ sempre piu’ complessa ed in rapido mutamento.  Su questi temi la scuola ed il sistema educativo giocano il loro ruolo fondamentale, che e’ quello di fornire un sistema di apprendimento continuo e flessibile che accompagni un futuro cittadino nel suo percorso di formazione permanente; vogliamo una scuola, insomma, che insegni ad “imparare ad apprendere”. I rischi di esclusione e marginalizzazione aumenteranno molto rapidamente se il sistema educativo non sapra’ far fronte a questa esigenza di flessibilita’ culturale e cognitiva. E’ proprio una societa’ ricca di strumenti di informazione dove, paradossalmente, la mancanza di capacita’ espressive e comunicative di base puo’ significare maggior emarginazione.

 

9. Le dimensioni dello sviluppo: tra globale e locale

Lo sviluppo dell’innovazione a livello locale deve coniugarsi con le opportunità di progettazione, di ricerca e di sviluppo scientifico e culturale intrinseche alla dimensione globale della societa’ dell’informazione. Tale dimensione puo’ consentire al nostro paese di uscire da situazioni di provincialismo culturale, di ritardo verso altri mercati, di cattiva gestione delle risorse.  Serve sempre di più, ad ogni livello, una visione integrata del sistema, una capacita’ di cooperazione fra diversi soggetti che eviti il ripetersi di errori di pianificazioni e progetto che troppe volte hanno condizionato la riorganizzazione e la riforma di settori strategici quali scuola, universita’ e ricerca. Esistono competenze e potenzialità sottoutilizzate o male utilizzate; una dimensione di cooperazione, di scambio e di confronto reale fra soggetti diversi, puo’ consentire di sfruttare  appieno le potenzialita’ delle risorse umane e culturali, per non disperdere conoscenze scientifiche e potenzialita’, di veicolare idee che possono creare occupazione e nuova impresa, specialmente giovanile. Il nostro sistema educativo (scuola) deve essere in grado di sostenere la richiesta  di nuovo sapere ed essere in grado di fornire quelle capacita’ di comunicazione che sono una condizine irrinunciale per un cittadino. Il nostro sistema formativo (universita’, formazione professionale) deve adeguarsi alle caratteristiche del mutamento delle professioni, nuove e vecchie e anticipare le tendenze piuttosto che inseguirle. Tutto cio’ e’ possibile solo realizzando un sistema di “intelligenza a rete” in ci soggetti diversi cooperino per cogliere i cambiamenti e di tradurli in suggerimenti operativi. Il giusto insieme delle due dimensioni, locale e globale, può rappresentare la specificità di una “via italiana” allo sviluppo della società dell’informazione.

 

Tre sono gli obiettivi principali di questa politica, tra loro strettamente collegati:

1. Promuovere la disponibilità e l’utilizzo consapevole delle tecnologie della comunicazione, lo sviluppo delle imprese di informatica di ogni dimensione, lo sviluppo delle imprese di servizi multimediali, la diffusione delle competenze di utilizzo e la piena valorizzazione del patrimonio pubblico di tecnologie ed esperienze disponibili. Promuovere cioè lo sviluppo dei settori produttivi collegati alle nuove tecnologie.

2. Promuovere lo sviluppo dell’innovazione nei settori produttivi tradizionali di ogni territorio, dal commercio al turismo, dalla pubblica amministrazione alle professioni, dalla finanza ai servizi, proprio mediante un utilizzo intenso e consapevole delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che rappresentano la risorsa innovativa fondamentale per un recupero di competitività e di reputazione di questi settori sui mercati mondiali.

3. Promuovere le regioni e le grandi città come ambiente produttivo favorevole allo sviluppo di insediamenti produttivi strategici tipici dei processi di globalizzazione dei mercati e delle imprese, legati ai servizi di controllo, di integrazione e di gestione finanziaria. Questo significa sviluppare nelle regioni e nelle grandi città una rete di servizi logistici di tipo nuovo, capaci di attrarre nuovi insediamenti produttivi e di conservare e sviluppare insediamenti in settori strategici dell’industria, della finanza, della pubblica amministrazione, del turismo e della cultura a livello nazionale, europeo e mondiale

 

10. La trasformazione delle organizzazioni

 

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione non rappresentano solo un settore innovativo dell’industria. Esse sono soprattutto tecnologie organizzative, tecnologie che modificano le forme possibili di organizzazione, che ampliano le opzioni per progettare la cooperazione lavorativa, che forzano i limiti delle attuali strutture dei sistemi produttivi e consentono di intervenire a breve termine sulla loro organizzazione. Questa è la carta che la sinistra può giocare per progettare ulna trasformazione possibile del sistema produttivo italiano. Occorre promuovere, mediante un utilizzo pervasivo, esteso, inedito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il cambiamento organizzativo non soltanto nei settori più innovativi, ma soprattutto in quelli tradizionali.

Commercio, turismo, pubblica amministrazione, aziende finanziarie possono essere investite da un profondo ridisegno dei processi produttivi, che faccia della sinistra il sostegno agli attori innovativi di questi settori, quelli che lottano per modificare rendite e corporazioni. In altri termini, ciò che proponiamo è una politica per la “rottamazione delle organizzazioni”, che faccia del cambiamento organizzativo dei principali settori produttivi del paese il suo obiettivo principale, da perseguire mediante sostegni ed incentivi adeguati e diversificati. Uno sforzo straordinario, nel quale schierare non soltanto le principali aziende italiane che producono innovazione (e quindi sostenere, indirettamente questi settori industriali), ma nel quale valorizzare e moltiplicare risorse di eccellenza della ricerca e della cultura e della esperienza tecnico-organizzativa italiana: Far crescere, in una concreta e sfidante esperienza di cambiamento organizzativo su scala nazionale, una leva di agenti innovativi che sappiano fare di questa formazione sul campo l’occasione per diventare nuova classe dirigente del paese non solo nelle aule delle università, ma nella fatica del cambiamento organizzativo.  Reinventare l’organizzazione del paese, deve essere il programma della sinistra. Per realizzare questo programma nazionale di innovazione delle organizzazioni occorre rimuovere il peso di decenni di comportamento organizzativo che ha considerato le tecnologie solo come strumento per la sostituzione del lavoro, e le organizzazioni prevalentemente come gerarchie.

Occorre discontinuità di pensiero, prima ancora che di azione. Occorre che anche la politica sia investita da un processo di innovazione che ne modifichi profondamente i modelli di organizzazione ed i processi di decisione: non è possibile infatti progettare politiche per l’innovazione senza innovazione della politica.

 

11. Welfare per l’innovazione

 

Le nuove politiche di welfare che la sinistra, pur tra molte contraddizioni, sta progettando, devono assumere come riferimento i soggetti dell’innovazione.

La sinistra, che accetta l’idea della competizione sulla qualità, ma rifiuta l’idea che tale competizione si trasformi in selezione darwiniana, si impegna a riscrivere un nuovo patto sociale, che segna la trasformazione

della rete di protezione da sistema re-distributivo a somma zero ( tra soggetti e tra generazioni ) a sistema di investimento sociale. Al centro di tale sistema non c’è più l’idea di rischio statistico, ma l’idea di vulnerabilità sociale a cui tutti possono essere esposti. Ed allora, ecco il punto: costruire una rete di sicurezza fondata su

una ‘piattaforma comune universale’, ovvero un sistema di standard minimi per  ciascun servizio liberamente accessibili da tutti i cittadini italiani, senza distinzioni. Tra i servizi universali propri della piattaforma ci dovrà essere, in tempi brevi, il diritto di cittadinanza telematica per tutti i cittadini italiani. Questo per evitare la formazione di caste

di “abilitati” e di “esclusi” dalla società interconnessa e per stimolare un nuovo modello di partecipazione diffusa.

Solo se accompagnato da questa griglia ampia di diritti di cittadinanza il processo di trasformazione del paradigma lavoro, da lavoro-“posto”, con tutto il suo sistema di certezze, immutabile nel corso della intera vita lavorativa, a lavoro-percorso, per cui luoghi e modi sono cambiati più volte nel corso della vita lavorativa,  può diventare percorso in cui autonomia, libertà, alta qualità intellettuale, continua formazione sono fattori/obiettivi da raggiungere, e non semplice percorso di selezione darwiniana. Questa è la vera sfida passare da un sistema sociale che tassa il lavoro ad un sistema di protezione che tassa ricchezza e consumi, dirottando risorse e investimenti verso produzione di socialità, tutela, assistenza.

Di urgenza immediata in questo quadro generale appare oggi  la definizione del sistema di tutela dei nuovi lavori. E, parallelamente, ci appare urgente la necessità che il partito promuova nuove strutture politiche di rappresentanza.

Lanciamo una proposta: i centri di sostegno politico ai diritti per il lavoro autonomo. Un sistema di servizi politici rivolto all’insieme dei soggetti che oggi sono definiti come lavoratori “atipici” e che godono in minima parte delle tutele specifiche esistenti. E mentre ci appare lento il processo di adeguamento dell’offerta politica e sindacale della

Sinistra nel suo insieme rispetto ai nuovi lavori, molto veloci sono i processi di ristrutturazione produttiva e sociale, che fanno aumentare il numero e la tipologia di questi lavori. Va inoltre, notato, che la percentuale di lavoratori atipici è altissima all’interno delle fasce giovanili, poiche’ l’opportunità di accesso al lavoro passa oggi da ripetute esperienze di precarietà contrattuale.  Deriva anche da questo il crescente invecchiamento dell’elettorato e della militanza di partiti e sindacati della sinistra, che si traduce in una diminuita capacita’ del corpo militante del partito di interpretare bisogni e comportamenti delle giovani generazioni e della societa’ che cambia. Obiettivi di queste nuove strutture di rappresentanza sono progettare, realizzare sperimentalmente e diffondere comunicazione, informazione ed esperienze di supporto ai nuovi soggetti del lavoro, che ne favoriscano una dislocazione nel campo della sinistra, con concrete pratiche di affiancamento, di sostegno, di ricomposizione sociale, di costruzione di “comunità” intorno a modalità professionali e sociali comuni. In altri termini si tratta di contrastare la dispersione sociale, l’isolamento lavorativo e di far crescere, per contrasto, le opportunita’ di cooperazione e di scambio.

Si tratta di obiettivi politici che non sostituiscono ma affiancano l’azione sindacale della nuova confederazione Nidil, di cui occorre sostenere la crescita e la penetrazione sociale.

La nuova organizzazione del partito

12. Le autonomie tematiche

 

La necessità di ricostruire il rapporto tra rappresentanza politica e trasformazione della società non può non prevedere la costituzione di forme nuove di organizzazione della politica, centrate non soltanto sulla adesione a valori ideali condivisi, o sulla appartenenza allo stesso collegio elettorale, ma fondate su interessi tematici comuni e sulla consapevolezza critica delle competenze professionali.

Tali possono essere le autonomie tematiche il cui rafforzamento è previsto dalla nuova organizzazione dei democratici di sinistra: il loro effettivo sviluppo sarà uno dei banchi di prova della efficacia e della credibilità della nuova organizzazione.

Ma occorre analizzare con attenzione il ruolo delle autonomie tematiche.

Come ben sappiamo, anche per la nostra profonda avversione alla televisione come deformazione della politica, l’impegno politico non si esaurisce nell’espressione del voto, e quindi il ruolo delle associazioni tematiche non si esaurisce nell’organizzazione del consenso intorno ai programmi e ai candidati.

Questo ruolo si manifesta invece, ben oltre l’occasione elettorale, nella capacità di indirizzare, sostenere e verificare l’attuazione dei programmi, e, soprattutto, nella capacità di promuovere l’iniziativa sociale sui temi politici propri della autonomia.

Non consulte di esperti o staff delle funzioni di direzione politica legittimate da una generica adesione ai valori della sinistra o dal desiderio di una tessera, ma organizzazioni politiche di soggetti sociali che affermano il loro diritto alla rappresentanza con la forza derivante dalle iniziative politiche, culturali e di intervento sociale che sono in grado di progettare e realizzare.

Non nuova forma delle sezioni di partito fondata sulla comunanza di interessi invece che sulla contiguità territoriale, ma associazioni alla quali partecipano iscritti e non iscritti e che stabiliscono con i centri di decisione del partito relazioni limpide basate sulla forza reale della rappresentanza e sul comune interesse alla realizzazione di progetti politici ben definiti.

13. L’uso della rete nella politica

 

Mentre sempre più acceso si fa il dibattito sulla riduzione della politica a programma televisivo, noi, che consideriamo la politica una delle forme più alte e significative di relazione sociale, vogliamo  utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione come strumento innovativo di organizzazione della politica.

L’utilizzo della rete nell’agire politico produce infatti rilevanti e diffusi cambiamenti nelle forme e nei  risultati della politica, e richiede altrettanto significative e tempestive riflessioni sul governo e sulla gestione di questi cambiamenti, a partire dagli effetti che gli strumenti telematici possono avere sulla effettiva attuazione dei nuovi modelli di organizzazione politica che il nostro partito sta discutendo.  Come discutere di una organizzazione politica “a rete”, se dell’uso della rete in politica non si approfondiscono adeguatamente le implicazioni?  Se non si riflette sull’esperienza di chi già da alcuni anni, nei partiti tradizionali, nei movimenti e nelle organizzazioni sociali utilizza la rete nell’azione politica?

Non ci soffermiamo sulla realizzazione dei siti web del partito. Il web nazionale dei DS e l’insieme dei web delle federazioni locali e della autonomie tematiche rappresentano oggi un patrimonio di informazione politica  quanto mai vario e variamente utilizzato: abbiamo esempi di utilizzo durante le campagne elettorali, come strumento di “propaganda” rivolto agli utenti della rete, ma, soprattutto, abbiamo esempi di utilizzo del web come strumento di informazione interna che tendenzialmente sostituisce altri e più costosi strumenti di distribuzione di materiale politico e di comunicazioni all’interno dell’organizzazione. I tanti compagni che nelle diverse situazioni locali del partito sono stati i promotori e sono i gestori di queste esperienze costituiscono oggi una comunità tecnico-professionale che deve essere valorizzata, ed una risorsa innovativa per l’attuazione delle nuove forme dell’organizzazione.

Ci interessa invece mettere in evidenza che la rete è uno straordinario, ma ancora scarsamente utilizzato strumento di funzionamento delle organizzazioni politiche, tanto più necessario quanto più le organizzazioni politiche si articolano in una molteplicità di centri di interesse e di competenze. Le esperienze avvenute in altre organizzazioni complesse dimostrano che tramite la rete è possibile diminuire il carico decisionale della gerarchia ed aumentare le possibilità di organizzazione cooperativa, e, se necessario, diminuire gli stessi livelli della gerarchia a favore di organizzazioni più “piatte”. Lo stesso problema della velocità di decisione, la cui mancanza spesso diminuisce l’efficacia delle azioni politiche nel contesto comunicativo che oggi caratterizza l’arena politica, può essere risolto tramite la rete senza ridurre indebitamente la complessità (e quindi la qualità) della decisione. L’utilizzo della rete è inoltre lo strumento che può consentire forme delocalizzate di organizzazione, riducendo costi e vincoli della politica attuale e dimostrando la praticabilità operativa e l’opportunità di forme tematiche di organizzazione. Il venire meno dell’unità di tempo e di luogo come condizione per l’azione politica  apre opportunità inedite di partecipazione politica e può essere uno degli strumenti per diminuire l’autoreferenzialità che oggi caratterizza gran parte delle nostre strutture e per collegarsi a settori sociali sempre più esterni (e talvolta ostili) alla politica tradizionale. Naturalmente, come tutte le esperienze interne ed esterne al nostro partito dimostrano, tra intuire le potenzialità della rete e riuscire ad attuarle effettivamente, sta il grande e ancora inesplorato spazio della “pragmatica” della rete, cioè della effettiva capacità di una  organizzazione e dei suoi membri di utilizzare la rete come strumento di comunicazione. La crescente diffusione della posta elettronica come strumento di cooperazione è la condizione minima necessaria, ma su questo utilizzo è necessario costruire forme organizzate, come le liste di discussione, e la competenza e l’esperienza per governarle e gestirle efficacemente. Così come la sinistra ha saputo formare, con esperienza decennale, straordinari gestori di comunità politiche locali (i “segretari di sezione”), così oggi è necessario cominciare a sperimentare e formare gestori di comunità politiche in rete.

Ovviamente non si tratta soltanto di capacità tecniche, che pure devono essere padroneggiate con grande facilità, ma, soprattutto, di capacità linguistiche e relazionali in un nuovo spazio comunicativo.  Ma l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella vita del partito può essere oggi un potente strumento di formazione politica. La diffusione dell’utilizzo dell’informatica e della telematica nelle più diverse attività economiche, sociali, di relazione e di servizio sta creando inevitabilmente nuove forme di esclusione basate su elementi generazionali, culturali, economici. Tale esclusione produce debolezza politica per fasce sociali significative e, spesso, dislocazione dei soggetti esclusi nel campo della conservazione. Nel momento in cui anche la politica prevede un utilizzo crescente delle nuove tecnologie, cresce la necessità di una alfabetizzazione che non sia solo tecnica, ma soprattutto politico-culturale. Promuovere e praticare all’interno del partito questo nuovo livello di “diritti politici” diventa un obiettivo di primaria importanza, che, se assunto esplicitamente, ha il duplice obiettivo di caratterizzare il nostro partito sul territorio come partito della modernità e della innovazione, e, soprattutto, di avviare una campagna formativa nazionale sui temi dell’innovazione per il nostro corpo militante.

Anche in questo caso vi sono buone pratiche già realizzate sul territorio che vanno raccontate, discusse e trasferite. Si tratta di esperienze in cui le sezioni (e le feste dell’unità) si trasformano in aule multimediali, in centri di telelavoro, in luoghi di socializzazione “digitale”. In alcuni casi il partito offre a  chi si iscrive un indirizzo internet il cui nome richiama l’appartenenza politica (la forma simbolica della cittadinanza politica digitale), e servizi di assistenza e abilitazione tecnologica.

Infine la rete può essere utilizzata come strumento per costruire comunità politiche reali. La frammentazione sociale prodotta dall’organizzazione postfordista dell’economia, così come la frammentazione ideologica prodotta dalla fine delle grandi ideologie del 900, ha prodotto una frantumazione delle identità politiche e delle comunità. La ricostruzione su basi nuove di forme di comunità è alla base della ricostruzione della politica. Alla ricostruzione su basi nuove di comunità politiche la rete può fornire un contributo straordinario, le cui potenzialità sono tutte da esplorare.  Unica opportunità è l’analisi delle esperienze in corso e delle prime riflessioni teoriche sul tema delle comunità virtuali. Principio ordinatore in questa ricerca la convinzione che la rete di per sé non crea di per sé comunità, ma, abilitando nuove modalità di relazione, amplia la possibilità di costruire comunità.

 

CONCLUSIONI

E’ arrivato, dunque il tempo, che la Sinistra riprenda con coraggio il proprio originale cammino: reinventando le strategie, riordinando e scegliendo le parti in campo, riprendendo teoria e progetto per riaffermare il primato dell’agire politico rispetto alla presunta ineluttabilità delle dinamiche di mercato. E noi pensiamo debba farlo a partire dal lavoro che muta, costruendo una prospettiva nuova, centrata sui soggetti dell’innovazione. Certamente, i lavoratori della conoscenza come soggetto debole delle nuove dinamiche economiche da una parte, ma più in generale coloro che, al passo con l’orologio del tempo, sono alla ricerca di un nuovo, più ampio, più alto sistema di valori. Su questo la sinistra potrà ritrovare la propria identità, il proprio entusiasmo, l’antico senso di partecipazione e militanza.

Pubblicato nel 1999

Robot nelle nuvole, Apps emozionali e la liberazione delle donne

 

Si avvale di un "motore emozionale" e di un sistema di intelligenza artificiale basato su cloud che permette di analizzare gesti, espressioni e toni di voce, di comprenderli e di agire di conseguenza.

Sto parlando di Pepper (http://www.softbank.jp/en/corp/group/sbm/news/press/2014/20140605_01/)

 il nuovo balzo in avanti dell’industria robotica giapponese, un robot che ha un cuore, la sede metaforica di tutte le emozioni positive e soprattutto umane.

La Soft Bank che ha pensato e realizzato il robot, ha l’obiettivo dichiarato di mercato di fornire badanti per società che invecchiano, a cominciare dal Giappone stesso.  Quindi badanti immigrate siete avvertite, è in arrivo Pepper.

Anche l’Italia è un paese a rapido invecchiamento, la riduzione avvenuta sin dagli anni 70 del numero di figli per famiglia, soprattutto al nord con il contemporaneo aumento dell’aspettativa di vita, ha portato sia alla crescita delle RSA ( oltre 6000 Residenze Sanitarie Assistenziali) o Case di Riposo  dove vengono ospitati una parte dei nostri anziani, sia all’ingresso nel ns mercato del lavoro, soprattutto al mercato nero, di centinaia di migliaia di donne di molteplici etnie che assistono l’altra parte di anziani presso le loro stesse abitazioni.

Quando negli anni 80, studiavo l’intelligenza artificiale, l’obiettivo era di scrivere programmi che consentissero riprodurre comportamenti sequenziali o multisequenziali, ma le capacità hardware di calcolo erano così limitate che si abbandonò rapidamente la ricerca. Quello che si riuscì a fare furono degli ottimi robot industriali che verniciavano le automobili, ovvero le prime catene di montaggio automatizzate, che sostituivano il lavoro ripetitivo di migliaia di operai. Si realizzò anche una fabbrica senza operai, totalmente automatizzata.

Lo sforzo di miniaturizzazione hardware e l’incremento esponenziale delle capacità di calcolo, hanno portato a realizzare piccole macchine intelligenti, che avevano comportamenti umanoidi. In Italia ci sono oltre 40 centri di ricerca sulla robotica soprattutto nelle università ma anche nelle scuole superiori che partecipano anche al campionato del mondo di calcio per robot.

Il salto di qualità che fa Pepper è la cloud che progressivamente e quotidianamente  si arricchirà di emozioni e di comportamenti i quali saranno condivisi tra tutti gli individui migliorando in maniera parallela tutti i Pepper del mondo. Emozioni distribuite da un sistema tipo App Store, o ITunes.

D’altra parte non più di un mese fa sulla rivista Nature lo Scripps Research Institute, (http://www.scripps.edu ) in California, annunciò di aver sintetizzato il primo batterio artificiale, quindi la vita come la conosciamo si artificializza e gli automi si umanizzano attraverso un’intelligenza collettiva basata su tecnologie di rete.

Le persone stanno diventando degli OGM e così anche i robot, tutto si mixa, speriamo soltanto che non nascano movimenti contro gli uomini OGM proponendo che vivano in territori diversi dagli uomini puri.

Insomma le tecnologie di rete ancora una volta fanno la differenza rendono la conoscenza implicita delle emozioni umane, una conoscenza esplicita per i robot.

E Pepper, il robot con il cuore, o della band del club dei cuori solitari come l’album dei Beatles punta a questo mercato, fornire la cura che oggi danno le donne e per farlo meglio ne assume in parte la figura, (http://time.com/2845040/robot-emotions-pepper-softbank/ ) è infatti noto che per le funzioni di cura le donne sono preferite ai maschi, nonne con i nipoti, mamme, figlie, zie e anche infermiere, assistenti sociali, ecc. ecc. per un lungo elenco di funzioni di accudimento.

Mi chiedo se come è già avvenuto per  la lavatrice e la lavastoviglie non si stia approssimando un'altra liberazione delle donne e quindi un’altra rivoluzione.

W le Pepper!

P.S. Ah dimenticavo tutte  e due gli avanzamenti vengono da centri di ricerca privati.